Fino a qualche anno fa la guerra fredda sembrava un lontano ricordo, relegata tra i souvenir di un passato ormai finito in archivio. Per riportare alla mente i tempi in cui la Russia era il grande nemico bisognava affidarsi al cinema e tuffarsi in un action hollywodiano degli anni ’80, quelli in cui il cattivo aveva sempre la mascella squadrata, proprio come il nido di capelli biondi in testa, e proclamava il suo “infallibile” piano con un marcato accento sovietico. Poco importava quale fosse il terreno dello scontro, un ring a Las Vegas o un grattacielo di cristallo, l’antagonista veniva sempre dal gelo della Grande Madre Russia.

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Poi è caduto il muro, Gorbaciov ha reso la perestroika più famosa delle vodka, Eltsin ha ristabilito la supremazia del distillato di patate tra i prodotti da esportazione russi, e infine è arrivato l’11 settembre ad aprire una nuovo capitolo della Storia e regalare un nuovo nemico al mondo occidentale. Capelli corvini, barbe fitte e pelli olivastre hanno d’un tratto preso il posto dei duri volti dalla pelle pallida e dai capelli biondi che avevamo imparato ad identificare come il cattivo. Mentre il mondo dichiara guerra al terrore, la Guerra Fredda finiva nel cassetto.

Peccato che il cassetto fosse quello di Putin e nel giro di qualche anno lo scenario sia tornato drammaticamente simile ai tempi della crisi tra USA e Russia. Oggi come allora ogni focolaio di conflitto è percepito come un’occasione per allargare la propria sfera di interesse da parte delle due superpotenze. Il mondo è un immenso scacchiere in cui USA e Russia muovono le loro pedine, dai territori delle repubbliche ex-sovietiche alla Siria passando per la guerra al’IS, in un pericoloso gioco di alleanze che coinvolge anche la Cina e le due Koree, mentre sotto la facciata dei canali ufficiali una guerriglia tecnologica condotta da hacker e spie sposta sempre di più il controllo dell’informazione al centro del conflitto. Uno scenario in continuo mutamento in cui anche solo un singolo episodio rischia di trasformare un conflitto latente in una guerra aperta, come ben illustrato dall’attenta analisi dei possibili scenari futuri condotta nell’interessante editoriale interattivo L’Equilibrio del Potere realizzato da Vice.

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“Conosci il passato per comprendere il presente” diceva Tucidide. La ciclicità della Storia ci ha insegnato come in un contesto simile anche un evento di interesse locale sia potenzialmente in grado di condurre a conseguenze inimmaginabili con ripercussioni sull’intero pianeta. I 13 giorni di Cuba, quando la possibile installazione di testate nucleari sull’isola caraibica ha condotto il mondo a un passo dall’estinzione, rappresentano sicuramente l’episodio più famoso ed emblematico, ma i momenti in cui la tensione tra i due blocchi ha raggiunto livelli critici nel continuo intreccio del gioco di spie sono numerosi.

Come la vicenda che ha trasformato James Donovan da un tranquillo avvocato newyorkese in uno degli ingranaggi più importanti della Guerra Fredda grazie alla decisione di accettare la difesa della spia russa Rudolf Abel, incarico per il quale dovrà subire il disprezzo dei suoi concittadini prima di essere scelto dalla CIA stessa come negoziatore oltre la cortina di ferro per trattare la liberazione del pilota Francis Gary Power, abbattuto su un aereo di ricognizione in territorio sovietico.

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La sua vicenda personale, legata a doppio filo coi destini di due nazioni e del mondo intero, è ora in arrivo sul grande schermo. A prestare il volto a Donovan sarà il versatile Tom Hanks, ancora una volta al centro di una ricostruzione storica firmata da Steven Spielberg in cabina di regia, al lavoro su una sceneggiatura d’autore firmata dai fratelli Coen accompagnati da Charman. Il Ponte delle Spie (Bridge of Spies in originale) è in arrivo nei nostri cinema a partire dal 16 dicembre.



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Redazione

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